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Mal di Schiena Post Protesi di Anca e Ginocchio?

Associazione tra mal di schiena e protesi di anca o di gionocchio.

Lombalgia

Definita come un dolore localizzato nella regione compresa tra il margine inferiore delle ultime coste e le pieghe glutee.

Lombosciatalgia

Quando il dolore è avvertito nella regione posteriore e laterale dell’arto inferiore per irritazione del nervo sciatico, o lombocruralgia, se la porzione maggiormente interessata è la parte anteriore della coscia.

La lombalgia ha un impatto rilevante sui pazienti in termini di dolore, limitazioni dell’attività, restrizioni nella partecipazione sociale e influenza sul lavoro ed incide notevolmente sul costo dell’assistenza sanitaria nei paesi industrializzati.

L’artrosi

é una situazione patologica dovuta all’usura e all’invecchiamento delle articolazioni, che colpisce soprattutto le sedi maggiormente sollecitate dal carico, ovvero le ginocchia e le anche.

La causa

è dovuta al deterioramento della cartilagine, il tessuto di rivestimento delle ossa all’interno delle articolazioni, la cui funzione è quella di ridurre l’attrito fra i capi ossei, attraverso la produzione del liquido sinoviale.

La conseguenza di questa condizione è la generazione di una risposta infiammatoria con la comparsa di dolore. Nei casi più gravi le ossa possono arrivare a sfregarsi l’un l‘altra provocando rigidità e deformazioni ossee.

Terapie conservative

Se le infiltrazioni di acido ialuronico la fisioterapia, risulterannno insoddisfacenti per migliorare la qualità di vita dei pazienti risulterà necessario ricorrere all’intervento chirurgico protesico.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29227353/

Nella Prtaica Clinica

Spesso ci troviamo di fronte a pazienti sottoposti ad intervento di protesi di anca o di ginocchio con problematiche di lombalgia post intervento.

Da questa osservazione ci siamo quindi posti le seguenti domande:

Tra i pazienti che soffrivano di lombalgia già prima della sostituzione protesica, quali e quanti peggiorano dopo l’intervento?

Tra quelli invece che non hanno mai sofferto di mal di schiena, a quanti insorge dopo la protesi?

Come possiamo capire in anticipo, tra i pazienti con lombalgia, a chi migliorerà questo sintomo dopo l’intervento?

Conclusioni

Per tentare di rispondere a questi dubbi ci siamo messi a consultare la letteratura scientifica. Quello che si evince è che il 66% dei pazienti candidati ad intervento di protesi di ginocchio soffrono di mal di schiena.

Tra questi, solo il 33% vedrà migliorare questo sintomo dopo l’intervento, mentre in 2 pazienti su 3 la lombalgia non migliorerà o potrebbe addirittura peggiorare influendo negativamente sugli esiti funzionali del ginocchio e, di conseguenza, in termini di soddisfazione relativa all’intervento stesso.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32693445/

Per quanto riguarda invece i pazienti candidati all’intervento di protesi di anca la situazione è differente.

Dalla letteratura sembra che la percentuale di pazienti con miglioramento della lombalgia dopo l’intervento chirurgico vari, a seconda degli studi, tra il 56% e il 93%.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/20127429/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26276572/
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/34605608/

Da questo lavoro di revisione della letteratura abbiamo tratto le seguenti conclusioni:

Non è ancora stata chiarita la causa della lombalgia in pazienti con artroprotesi di ginocchio o anca.

La presenza del mal di schiena comporta un peggior esito dell’intervento chirurgico di sostituzione protesica in termini di dolore postoperatorio, in termini funzionali e in termini di soddisfazione del paziente.

Per quanto riguarda il miglioramento della lombalgia, sembra che l’intervento chirurgico sia più efficace nei pazienti che hanno effettuato la protesi di anca rispetto a quelli sottoposti a protesi di ginocchio.

Pazienti con lombalgia cronica dovrebbero essere istruiti, in ambito preoperatorio, che gli esiti della chirurgia potrebbero essere inferiori alle attese.

Quindi?

Se soffrite, o avete sofferto in passato, di mal di schiena e siete in lista d’attesa per essere sottoposti ad un intervento di protesi di anca o di ginocchio, potrebbe essere utile una valutazione fisioterapica per decidere se sia il caso di intraprendere o meno un percorso riabilitativo al fine di prevenire la comparsa di questa spiacevole complicanza post-operatoria.


  • Airaksinen O. et al. Chapter 4: European guidelines for the management of chronic nonspecific low back pain. European Spine Journal. 2006
  • Lehtola V. et al. Efficacy of movement control exercises versus general exercises on recurrent sub-acute nonspecific low back pain in a sub-group of patients with movement control dysfunction. protocol of a randomized controlled trial. BMC Musculoskeletal Disorders. 2012.
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Nuove Terapie in caso di problemariche articolari o strutture muscolo-tendinee e legamentose.

I Tendini

Sono strutture che originano dai muscoli e collegano quest’ultimi alle ossa. Sono formati da tessuto connettivo, elastico, molto resistente e hanno la funzione di trasmettere la forza, consetendo il movimento. Il collagene è la componente principale di questo tessuto.

Tendinopatia

Condizione dolorosa, caratterizzata da specifici segni e sintomi, che colpiscono un determinato tendine, (ad esempio dolore ad un gomito, ad una spalla, ad un piede.. ). Tra le problematiche che possono beneficiare del trattamento con il collagene idrolizzato le più comuni sono:

 

  • L’epicondilite (gomito del tennista).
  • Tendinopatie della cuffia dei rotatori (Dolori diffusi alle spalle).
  • La tendinopatia dell’Achilleo.
  • La fascite plantare (dolore alla pianta del piede).

med.ncbi.nlm.nih.gov/30563214/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/33302563/

Trattamento con Collagene Idrolizzato

Nell’ambito della medicina riabilitativa interventistica, solitamente i trattamenti infiltrativi più comuni utilizzati per le problematiche riguardanti le articolazioni e le strutture muscolo-tendinee e legamentose sono:

  • Acido ialuronico (HA).
  • Corticosteroidi.
  • Plasma ricco di piastrine (PRP).

Non sempre questi tipi di trattamenti sono efficaci si è reso necessario trovare nuove terapie.

Negli ultimi anni si sta affermando l’impiego del collagene idrolizzato come approccio alternativo a quelli appena citati con risultati incoraggianti.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32856437/

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32447428/

Il collagene Idrolizzato, viene effettuato tramite iniezione, cosi da diffondersi rapidamente stimolando i processi riparativi mediante la proliferazione cellulare.

Il Collagene

l’utilizzato di questo tipo di trattamento è prodotto a partire da tessuto connettivo di origine bovina trattato in maniera controllata con enzimi specifici per ottenere dei peptidi di collagene a basso peso molecolare, capaci appunto di diffondere velocemente nelle strutture coinvolte.

La Tecnica Terapeutica

Consiste nell’infiltrazione intra e/o peri-tendinea, mediante un ago sottile, di 1 ml di soluzione contenente 5 mg di peptidi di collagene idrolizzato, previa accurata disinfezione della cute; a seconda della zona da trattare, tale quantitativo verrà suddiviso in una o più iniezioni.

Per una maggiore precisione, ci si avvale dell’assistenza ecografica.

Il ciclo terapeutico solitamente prevede due sedute infiltrative a distanza di 15 giorni l’una dall’altra.

Il trattamento solitamente risulta efficace nella riduzione del dolore e nel recupero della funzionalità sin dalla prima iniezione.

 

https://fisiostandard.it/uncategorized/nuove-terapie-in-caso-di-problemariche-articolari-o-strutture-muscolo-tendinee-e-legamentose/

spalla-con-capsulite-adesiva

La Capsulite Adesiva, anche detta Spalla Congelata.

E’ una condizione patologica della spalla che coinvolge la capsula articolare che circonda l’articolazione gleno-omerale. Un processo infiammatorio determina un’alterazione della capsula stessa che si ispessisce diventando più rigida e meno elastica.

Ciò comporta una progressiva perdita di articolarità e la comparsa di dolore alla spalla interessata.

La capsulite adesiva solitamente non ha una causa scatenante, colpisce tra il 2% e il 5% della popolazione generale, in particolare le donne di età compresa tra i 40 e i 60 anni, e più frequentemente i pazienti con diabete mellito e ipotiroidismo.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23738277/

La storia clinica di questa condizione patologica si suddivide in tre fasi.

Prima Fase:

Caratterizzata dal dolore alla spalla che può essere più o meno intenso e può aggravarsi più o meno rapidamente nell’arco di settimane o mesi; in questa fase non è ancora evidente la perdita di mobilità della spalla.

Seconda Fase:

Detta del “congelamento”, la retrazione della capsula articolare si aggrava e ciò comporta la caratteristica e progressiva riduzione dell’articolarità della spalla, questa fase ha una durata che varia dai 4 ai 6 mesi di media. Al termine di questa fase il dolore può essere limitato o addirittura assente.

Terza Fase:

“Fase dello scongelamento”, si osserva un lento miglioramento della mobilità articolare fino al recupero più o meno completo; questa fase ha una durata variabile dai 6 mesi ai 2 anni.

In passato si pensava che la capsulite adesiva progredisse attraverso le varie fasi, in tempi più o meno lunghi, fino ad una completa risoluzione dei sintomi senza la necessità di trattamenti specifici. Tuttavia, recenti studi hanno dimostrato limitazioni funzionali persistenti in pazienti non sottoposti ad alcun trattamento.

https://www.aafp.org/afp/2019/0301/p297.html.

 

L’esame Clinico:

Attraverso la verifica della Mobilità articolare, esami strumentali come risonanza magnetica, radiografia e l’ecografia vengono effettuate per escludere condizioni differenti.

 

Le Opzioni Terapeutiche:

Fisioterapia (che consente di ridurre i tempi di evoluzione della spalla congelata).

Terapia farmacologica, per tentare di controllare la sintomatologia dolorosa.

L’infiltrazione in modalità eco-assistita (sotto guida ecografica), consiste nell’introduzione all’interno dell’articolazione di sostanze medicamentose.

//www.aafp.org/afp/2019/0301/p297.html#afp20190301p297-b2

 

Dr Stefano Contri

 

woman mature senior caucasian attractive blonde home pain back

Il mal di schiena funzionale: un male evitabile!

Il mal di schienai è la prima causa di visita medica nel mondo occidentale.

Se ti fa male la schiena almeno puoi dire di essere in buona compagnia!

(https://www.boneandjointburden.org/fourth-edition/iia0/low-back-and-neck-pain).

Ma il fatto che sia così comune non è un buon motivo per accettarlo come inevitabile. Al contrario, ogni forma di mal di schiena deriva dalla sofferenza di un qualche tessuto se ben diagnosticato può essere riportato alla salute.

Vi sono cause di dolore lombare causate da un vero danno strutturale, come le fratture vertebrali o l’ernia del disco.

Vi sono però anche molte situazioni in cui il mal di schiena deriva da una cattiva funzionalità della schiena anche senza che questa presenti delle malattie troppo gravi.

La cattiva funzionalità è dovuta ad una vita sedentaria con posizioni sbagliate mantenute a lungo ed attività fisica insufficiente (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/35079583/).

In questi casi una corretta informazione su quali siano le posizioni ed attività nocive è il primo passo fondamentale per risolvere questo problema.

Il primo strumento quindi è capire cosa fa male e ridurlo il più possibile.

L’altra semplice azione da avviare per risolvere questo tipo di problema è avviare un programma di corretto esercizio terapeutico.

Se la sedentarietà è la causa del problema non deve sembrarci strano che la ginnastica ne sia la soluzione. L’esercizio usato come medicina è una strategia efficacissima, insuperabile quanto al rapporto tra benefici e rischi.

Ogni terapia farmacologica ha sempre una percentuale di rischi non trascurabile, specialmente se usati nel lungo periodo, un programma di ginnastica ben calibrato porta fondamentalmente solo vantaggi.

Un trattamento efficace comprende esercizi corretti da compiere quotidianamente in pochi minuti.

Gli esercizi possono essere fatti per proprio conto per chi lo preferisce oppure con appuntamenti regolari in piccoli gruppi seguiti da fisioterapista per coloro che sceglie di essere più monitorato.

Il mal di schiena funzionale è possibile a tutte le età ma va aumentando con l’invecchiamento artrosico delle articolazioni lombari.

Con gli anni il rachide perde tolleranza alle posizioni mantenute ed agli sforzi, specialmente se il soggetto non fa nulla per mantenere la salute della schiena.

Spesso si sente dire “prima il male mi durava un paio di giorni e passava con l’antinfiammatorio, ora invece non mi vuole passare”.

Rinunciare alla salute della propria schiena è davvero una cattiva scelta, significa veder peggiorare il proprio tono dell’umore (https://medalerthelp.org/blog/depression-and-back-pain/) e qualità della vita.

Le soluzioni esistono

Sono molto più a portata di mano di quello che i più pensano, comportano si un po’ di impegno regolare ma in poco tempo questo diventa un’abitudine di nessun peso e con immensi benefici.

Dr Stefano Contri

Business woman choosing fitness

Stare molte ore sedute nuoce alla schiena? Sicuramente!

La posizione seduta anche la più corretta non è mai giusta se mantenuta per più di due ore consecutive senza pause.

postura-seduta

Il corpo è progettato per muoversi, non per stare fermi per lungo tempo!

La posizione seduta che cosa provoca?

Ci fa perdere la nostra posizione naturale della schiena, perchè cambia la posizione del bacino visto che le nostre gambe si piegano in avanti e la schiena viene spinta posteriormente.

I muscoli si sovraccaricano.

Aumenta la pressione tra una vertebra e l’altra (maggior rischio di erniazione).

Minor ossigenazione e nutrimento dei tessuti (danneggia anche il nostro cervello).

https://www.focus.it/scienza/salute/stare-seduti-per-troppo-tempo-danneggia-il-cervello

 

Cosa poter fare?

Muoversi il più possibile (ogni due ore di posizione seduta camminare per almeno 3 minuti).

Cercare di mantenere Posture corrette.

Aggiungere attività fisica con regolarità 2/3 volte per almeno 30/40 minuti alla settimana sotto una buona guida esperta.

E se il dolore è già presente, rivolgersi a un esperto di mal di schiena (Fisioterapista, Fisiatra o Ortopedico).

Dr Stefano Contri

 

 

Group of young adult friends using smartphones in the subway

Cosa succede quando sto molte ore sui social media?

Stare molte ore chini a guardare il proprio cellulare può sovraccaricare il nostro tratto cervicale fino ad un carico 27 chili di pressione (il peso di un bambino 7- 8anni).

Lo sostiene uno studio condotto anni fa da Kenneth Hansraj, primario di chirurgia spinale presso il New York Spine Surgery and Rehabilitation Medicine.

Il peso imposto al collo dipende dall’inclinazione del capo assunta (mediamente il capo ha un peso 4-5 Kg). Un’angolazione di 15 gradi equivale a 12 chili di sofferenza; 30 gradi a 18 chili, 45 gradi a 22 chili.

 

In media, trascorriamo dalle 2 alle 4 ore al giorno con la testa china sullo smartphone, per scrivere, leggere o giocare. In un anno, fanno 700-1.400 ore di stress cervicale, che diventano 5 mila nel caso di soggetti particolarmente a rischio, che trascorrono molto tempo al cellulare o chini sui libri (pensiamo agli adolescenti). Nel corso del tempo, questa abitudine impone una posizione curva in avanti che può provocare dolori muscolo-scheletrici (cervicalgia, dorsalgia).

Testa alta, schiena dritta. Sappiamo che non è possibile evitare l’utilizzo delle nuove tecnologie, come si possono prevenire i danni alla colonna vertebrale:

  • Mantenere una posizione corretta del capo ( con le orecchie allineate alle spalle).
  • Ogni 30 minuti  una pausa 2-3 minuti
  • Semplici esercizi per alleviare i dolori e rilassare il collo.

Qualora uno o più di questi sintomi come: dolori al collo ricorrenti, mal di testa possibilmente associati a nausea o vertigini, permangano per vari giorni, in questi casi  è necessario effettuare delle terapie mirate per ristabilire il giusto equilibrio muscolo-scheletrico.,

 

Dr Stefano Contri

 

Fonti

https://www.focus.it/scienza/salute/un-macigno-sul-collo-ecco-che-cosa-succede-se-guardi-troppo-il-cellulare

Businnessman standing in the dramatic ocean befre storm

I Nostri dolori dipendono dal tempo?

Che si tratti d’artrosi, artriti, mal di schiena o di altri acciacchi, molti pazienti hanno osservato un rapporto di causa-effetto tra il tempo atmosferico e il peggioramento (o miglioramento) della loro condizione. Addirittura qualcuno crede che il legame sia così solido da permettere di prevedere un imminente cambiamento del meteo in base al dolore che si risveglia.

Al di fuori di questi eccessi un po’ folkloristici, nessuno dubita che l’improvviso aumento del dolori articolari abbiano pesanti effetti sulla qualità della vita, quello che invece non è ancora affatto chiaro è quanto le nostre giunture siano effettivamente sensibili alle variazioni ambientali legate al meteo, e se questo si traduca effettivamente in dolore.

La rivista Stat riporta che recentemente sono usciti due studi australiani che sembrerebbero demolire il mito. Il primo, pubblicato a dicembre sulla rivista Pain medicine ha esaminato 981 pazienti che avevano cercato assistenza per dolore lombare acuto: se questi episodi di mal di schiena erano stati scatenati dal meteo, incrociando i dati meteorologici sarebbero dovute emergere delle associazioni.

Dopo aver macinato i numeri i ricercatori hanno però dovuto concludere che non sembrava esserci alcuna relazione.

Il secondo studio, pubblicato a gennaio su , riguardava invece i pazienti con l’artrosi al ginocchio e si basava su una specie di diario on line in cui i pazienti segnalavano ai medici miglioramenti e peggioramenti dei loro dolori.

Anche in questo caso incrociando i risultati con i valori ambientali registrati i ricercatori non hanno trovato una relazione tra i fenomeni.

Non è la prima volta che il legame, in massima parte aneddotico, fra meteo e acciacchi è messo in discussione. Stat ricorda che negli anni ’90 lo psicologo Amos Tverski (un colosso degli studi sui nostri errori di ragionamento) firmò col medico Donald Redelmeier un lavoro su un piccolo campione di pazienti artritici: meteo e dolori sembravano privi di associazione. Gli scienziati in quel caso attribuirono la ricca aneddotica su acciacchi e meteo alla tendenza umana a trovare degli schemi anche dove non ce ne sono.

Un altro mito che se ne va quindi?

Le cose sembrano più complesse. Nonostante la doppietta di studi australiani l’unica cosa che si può dire con certezza è che al momento non esiste un consenso sugli effetti del tempo atmosferico su alcune condizioni. Molti altri studi, anche piuttosto recenti, hanno trovato una relazione, ma i risultati sono molto contraddittori.

Uno dei lavori più citati, anche dalle associazioni di pazienti, è quello uscito nel 2007 sull’ e ha rilevato una relazione tra il dolore artritico al ginocchio e i cambiamenti di pressione atmosferica e di temperatura ambientale, in particolare il dolore peggiorerebbe all’aumento della pressione e al diminuire della temperatura. Secondo un altro studio del 2014 su pazienti con artrite reumatoide invece il dolore peggiorerebbe al diminuire della pressione.

L’apparente risposta ai cambiamenti di pressione, in positivo o in negativo, potrebbe suggerire un meccanismo: i tessuti intorno all’articolazione si dilatano o si comprimono abbastanza da far scattare il dolore, ma al momento è solo un’ipotesi per un fenomeno la cui esistenza stessa è ancora controversa tra i medici.

La difficoltà di isolare chiare ripetibili relazioni tra le condizioni atmosferiche e le variazioni di dolore potrebbe essere un punto a favore per le conclusioni di Redelmeier e Tverski: è la nostra mente che cerca una causa tangibile di un dolore imprevedibile e finisce per attribuirla a quello che vediamo fuori dalla finestra.

Dopotutto prendiamo continuamente l’ascensore, e nei grattacieli questo significa attraversare drastici cambiamenti di pressione. Eppure non ci sono più epidemie di dolore alle giunture negli atri e negli attici di quante non ce ne siano sulle coste settentrionali del Labrador

ha dichiarato Donald Redelmeier a Stat ricordando come, 35 anni prima, avesse notato che i dolori reumatici non sembravano peggiorare a seconda della posizione geografica dell’ospedale dove era assegnato.

Tuttavia non è possibile escludere che esista davvero un relazione tra acciacchi e condizioni atmosferiche, ma che sia estremamente difficile raccogliere dati in grado di provarlo oltre ogni ragionevole dubbio.

La ricerca, quindi, continua, e forse ne prossimi mesi potremo davvero capire qualcosa in più grazie al progetto di citizen science dell’Università di Manchester fino al 20 aprile i partecipanti al progetto potranno usare una app dove annotare, giorno dopo giorno, lo stato delle propri dolori articolari. Grazie al gps queste informazioni saranno in ogni istante abbinate al tempo atmosferico locale e inviate agli scienziati per l’analisi.

I dati raccolti sono già immediatamente accessibili a tutti tramite il sito, e chissà se entro fine di quest’anno non potremo finalmente avere una risposta definitiva su un’ipotesi vecchia quanto la medicina.

 

 

[Fonte https://www.wired.it/scienza/medicina/2017/01/20/tempo-atmosferico-ossa/]

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Cos’è l’iperlordosi lombare?

E’ un disturbo abbastanza diffuso, a carico della colonna vertebrale, che può derivare da diversi fattori.

Le cause dell’iperlordosi lombare possono essere molteplici e possono includere:

  • Cattive abitudini di postura.
  • Alterazioni congenite del bacino.
  • Processi patologici a carico della colonna vertebrale, come rachitismo, fratture, lussazioni, ernia del disco e osteoporosi.
  • Ultimi mesi della gravidanza.
  • Muscolatura addominale e lombare debole.
  • Obesità.

La condizione può, quindi, essere aggravata anche da fattori di rischio – postura sbagliata o gravidanza, per l’appunto – ma è spesso idiopatica, cioè priva di cause esterne.

Questa deformazione della colonna vertebrale presenta un’accentuazione della curva lordotica, ovvero quella zona che interessa la porzione inferiore della spina dorsale: la curvatura, generalmente, risulta superiore ai 40-50 gradi ed è in questo caso, per l’appunto, che si riscontra una condizione patologica.

I sintomi del disturbo

  • Bacino inclinato verso l’esterno
  • Addome sporgente
  • Rotazione del busto di pochi o molti gradi, a seconda della gravità
  • Dolori vertebrali
  • Lombalgie acute

La sintomatologia varia a seconda del grado di accentuazione della curva, il quale può essere ad ampio raggio o a piccolo raggio: nel secondo caso, ad esempio, la deviazione potrebbe essere addirittura asintomatica.

 

La cura per l’iperlordosi lombare

Spesso vi è una cura farmacologica  stabilita dal medico di base o dallo specialista, in associazione alla Fisioterapia, volta a ristabilire il giusto equilibrio muscolo scheletrico per recuperare un buono stato di salute con una corretta rieducazione posturale, eliminare o ridurre i fattori di rischio ed esercizi selettivi per ciascun paziente in base alla proprii punti deboli e storia clinica.

 

 

Dott Stefano Contri

 

 

 

 

 

 

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Il metodo Mézières

Che cos’è?

è un metodo posturale globale volto al riequilibrio della forma e struttura corporea molto utile nelle algie acute e croniche del rachide (colonna vertebrale) cervicale, dorsale e lombare. Ma anche in patologie morfologiche come la scoliosi in età evolutiva. Attraverso un lavoro individuale e specifico per ogni paziente si possono sconfiggere varie sintomatologie comuni che ogni giorno affliggono molte persone nell’attività quotidiana, lavorativa e sportiva.

Quando si è raggiunto un buono stato fisico la metodica viene svolta anche in piccoli gruppi con appuntamenti settimanali per mantenere  l’equilibrio muscolo-scheletrico raggiunto.

 

Le tre posizioni più comuni sono:

  • Sdraiandosi a pancia in su cercando di alzare le gambe verso l’alto formando un angolo di 90 gradi con il resto del corpo;
  • Seduti per terra, con le gambe distese davanti a sé mantenendo la schiena ben dritta;
  • L’ultima viene svolta rimanendo in piedi per poi piegarsi in avanti con la schiena ben dritta, formando un angolo di 90 gradi con le gambe, stendendo le braccia verso il basso.

 

 

Indicazioni

  • Algie vertebrali acute o croniche (lombalgie, dorsalgie, cervicalgie)
  • Algie – sindromi miofasciali degli arti superiori ed inferiori.
  • Deviazioni e deformazioni ortopediche nell’adulto e nell’adoloscente (ipercifosi, iperlordosi, rettilinizzazioni, scoliosi, ginocchio varo/valgo/recurvatum, piede valgo/piatto/cavo);
  • Lotta  contro l’accorciamento muscolare “con un lavoro di stiramento dell’insieme delle catene”.

 

 

 

Dott Stefano Contri

 

 

 

 

 

 

Happy woman breathing deep fresh air and raising arms on the beach

Quanto conta respirare Bene?

Una respirazione corretta influisce principalmente su:

 

  • Una mente più serena
  • Miglior funzionalità cardiovascolare e polmonare
  • Un livello di stress più basso con una migliore gestione dello stesso
  • Sonno più ristoratore
  • Una postura più corretta (utile in caso di mal di schiena)

 

Ovviamente una respirazione corretta ha innumerevoli benefici ne ho elencati solo alcuni più importanti, ma perchè?

Il respiro è alla base della Vita, ed è un gesto che inconsapevolmente effettuiamo per ben 13/14 volte (atti)  al minuto di tutti i giorni della nostra esistenza!

Il Maggior artefice della respirazione è il muscolo diaframma che spesso ci dimentichiamo di usare in modo ottimale, utilizzando maggiormente i muscoli accessori della respirazione ( pettorali, scaleni, elevatore delle coste, sternocleidomastoideo ecc..)

Il muscolo diaframma si congiunge con il muscolo quadrato dei lombi, contribuendo a formare l’arco lombocostale laterale o arco del quadrato dei lombi.

E ed per questa congiunzione che la respirazione diaframmatica permette di rilassare la muscolatura lombare andando a contrastare così il mal di schiena (lombalgia).

Ovviamente nei casi più severi non basterà la sola respirazione per far passare la sintomatologia, ma servirà indagare attraverso una valutazione personale (anamnesi), se necessario una valutazione strumentale  ( Rx, Rm o Tac) dopo di che appurata la causa del dolore serviranno tecniche altamente specifiche di terapia manuale e rieducazione posturale per aver un risultato ottimale e durevole nel tempo.

 

Dott Stefano Contri

 

 

 

 

 

 

Woman with impaired posture position defect scoliosis and ideal bearing

Una postura corretta migliora la vita!

Una cattiva postura spesso ha conseguenze negative sulla colonna vertebrale. Ecco perché è fondamentale mantenere sempre la schiena nella posizione corretta.

Mantenere una postura corretta è importante per prendersi cura della salute della schiena ed evitare dolori e contratture. Tuttavia non sempre è facile: passiamo diverse ore seduti davanti al computer o in piedi a causa del nostro lavoro e la colonna vertebrale ne risente.

In questo articolo vi spiegherò alcune tecniche utili per mantenere una postura corretta.

Su cosa influisce la postura della colonna?

Fondamentalmente su tutto. La colonna è il nostro sostegno ed è molto importante prendersene cura. Una cattiva postura causa problemi gravi, a volte persino irreversibili. Solo per citare due esempi, pensiamo all’ernia del disco e alla stanchezza cronica. Sono ancora di più i dolori prodotti dal non sederci bene e dal non camminare abbastanza.

Nelle donne è piuttosto frequente il cattivo allineamento del bacino.

Perché succede?

Perché cattive abitudini ad esempio L’uso di tacchi alti oppure portare borse molto pesanti sulla stessa spalla per molte ore al giorno accentuano il problema.

Le posture sbagliate sono sempre più normali: il lavoro, il sovrappeso dilagante, la vita sedentaria e l’uso eccessivo di telefoni, tablet o computer portatili sono le cause più comuni.

Abbassare la testa per mandare un messaggio o per controllare la posta elettronica ci obbliga a curvare la colonna cosi da aumentare il carico su tutte le vertebre della colonna,  favorendo così la comparsa del dolore cervicale o lombare.

Quale dovrebbe essere la postura corretta?

Alcune persone stanno attente a come collocano la schiena o le spalle solo mentre fanno esercizio. Tuttavia, è necessario fare attenzione alla nostra postura in ogni luogo e in ogni momento: quando stiamo facendo la fila al supermercato, quando ci sediamo sulla metro o mentre guardiamo la televisione in casa.

Ecco i “momenti” in cui di solito non facciamo attenzione alla nostra postura:

Quando ci sediamo

Le piante dei piedi devono essere ben appoggiate a terra, la schiena dritta e le spalle verso il basso e all’indietro. Se incrociate le gambe (una cosa abbastanza frequente nelle donne) rischiate di ostacolare la circolazione sanguigna e soffrire, poi, di gonfiore e stanchezza.

Quando si sta in piedi

Le ginocchia un po’ flesse, il petto aperto affinché i muscoli addominali si espandano e ci permettano di respirare correttamente e il peso ripartito in entrambe le gambe.

Quando si cammina

Il collo e la testa devono mantenersi eretti, non bisogna guardare a terra perché potrebbe causare dolori cervicali. Bisogna toccare il pavimento prima con il tallone e poi con la punta del piede.

Quando si dorme

La miglior posizione per riposare è di lato e con le gambe flesse. In questo modo, la colonna si mantiene allineata. Inoltre, è importante avere un materasso e un cuscino di qualità (cambiarli dopo un certo tempo è fondamentale).

Quando si guida

Una postura corretta in macchina è di fondamentale importanza per il benessere della colonna e anche per la sicurezza. In caso di incidente, infatti, ci sono meno possibilità di lesioni. Appoggiate la schiena contro il sedile e la nuca nel poggiatesta. Regolate il sedile per arrivare ai pedali senza problemi e per non dovervi curvare in avanti.

Come migliorare la postura?

Esistono diverse tecniche che possono aiutarvi a mantenere la schiena dritta. All’inizio sarà un po’ difficile ricordarvi di “sedervi bene” e potreste sentire la colonna vertebrale e i muscoli indolenziti per la nuova postura. Ecco altri accorgimenti :

Se lavorate tutto il giorno seduti, cercate di alzarvi di tanto in tanto; in cambio, se state molto in piedi, allora sedetevi durante la pausa.

Ricordate che camminare fa bene alla nostra schiena! e se compaiono dolori meglio indagare, con una attenta valutazione Fisioterapica si può scoprirne i motivi e se necessario si affronteranno dei trattamenti di rieducazione  posturale per risolverli.

 

Dott. Stefano Contri

 

 

 

 

 

 

 

 

 

19168037 - young attractive businesswoman suffer from neck pain

Spesso la nausea si associa a dolori cervicali perchè?

Spesso la nausea si accompagna ai dolori alla cervicale: si presenta nei casi in cui la muscolatura è particolarmente contratta, e accompagnata quindi da tutti gli altri sintomi.

La nausea legata al dolore cervicale è dovuta alla compressione, da parte dei muscoli, del nervo vago.

Il nervo vago è uno dei nervi più lunghi del corpo, esso parte dal cranio, attraversa la trachea e si immette nell’addome. Il suo compito è quello di controllare i movimenti digestivi di stomaco e intestino e di produrre gli acidi gastrici.

Quando viene compresso dalla muscolatura che percorre e che attraversa esso può infiammarsi e portare così a nausea, vertigini, giramenti di testa, ma anche sudorazione fredda, vomito e tachicardia.

Rimedi alla nausea dovuta a dolori cervicali

Intervenire direttamente sulla nausea, quando si presenta insieme a dolori cervicali, costituisce un palliativo momentaneo che ha durata ed efficacia limitata. Non viene risolto il sintomo alla radice, quindi si trova soltanto sollievo e per poco tempo.

È invece necessario andare ad intervenire sulla causa primaria: la contrattura muscolare: tramite una adeguata terapia manuale mirata volta a ristabilire un equilibrio muscolo-scheletrico che permetta di non interessare il nervo vago responsabile di tale sintomi.

Dolori alla cervicale: cosa sono

I dolori cervicali colpiscono la parte alta della colonna vertebrale, in corrispondenza delle vertebre cervicali, quindi del collo.

L’infiammazione dirama la propria manifestazione dolorosa anche a testa e spalle, a seconda della gravità.

Anche la testa, come la maggior parte del resto del corpo, è rivestita di fasce muscolari. La cervicalgia è un irrigidimento eccessivo della muscolatura della testa e delle zone prossimali e dei muscoli collegati.

I motivi per cui la muscolatura si irrigidisce tanto da portare dolore sono diversi:

  • tensioni muscolari dovute a ripercussioni di preoccupazioni o emozioni negative;
  • posizioni viziate e innaturali protratte per molto tempo;
  • movimenti repentini che portano la muscolatura già irrigidita a stiramenti e contratture;
  • mancanza di movimento fisico adeguato o eccessiva sollecitazione dei muscoli di spalle e collo;
  • stato di intossinazione generale dell’organismo;
  • problematiche della struttura scheletrica e muscolare di schiena e arti inferiori: la cattiva postura degli arti e della schiena si ripercuote su tutta la colonna vertebrale.

    Cervicale: tutti i sintomi

    Il dolore è il principale sintomo della cervicalgia. La manifestazione dolorosa ha origine dalla mancata mobilità della muscolatura e ha come conseguenze una ulteriore immobilità nei movimenti.

    Mal di testa,mal di collo, dolore che si irradia dal collo alle braccia: questi sono i sintomi principali, che possono essere di lieve entità, oppure inibire qualsiasi movimento. (di Loredana Zilioni )

 

 

 

 

 

 

 

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